SERGIO KURHAJEC

Death Valley

Zabriskie Point, il capolavoro cinematografico di Antonioni, del deserto cattura l’essenza della disillusione e del desiderio. Sullo sfondo di questo paesaggio lunare, i personaggi cercano conforto e fuga dai vincoli della società, anelando a un’esistenza utopica, non convenzionale. In questa rappresentazione di Zabriskie Point risuonano le complessità della natura umana nell’interazione tra desiderio e disillusione. Con il suo fascino etereo e la sua bellezza aspra, il deserto americano fa da potente sfondo all’esplorazione di Antonioni sulla condizione umana in ricerca di un’esistenza ideale. Il misticismo di Zabriskie Point e della Death Valley, unico, potente e al tempo intimo, è capace di evocare senso di trascendenza e consapevolezza della bellezza e della fragilità del mondo naturale. L’isolata e dura bellezza della Death Valley evoca pensieri di introspezione e scoperta di sé, trascinando verso un’esperienza di trasformazione. Nelle giornate passate esplorando questo paesaggio, ero simultaneamente sopraffatto da un senso di libertà e di umiltà. La vastità dell’ambiente, il cielo, l’infinita quantità di stelle visibili si traducono in esperienza di inessenzialità. E in questa bellezza austera, illuminata da momenti mistici di luce dorata, mi è stato ricordato che siamo solo un piccolo granello nelle sabbie mobili del tempo. Il deserto, invero, è un ambiente inospitale in cui potremmo sopravvivere solo poche ore. Non siamo destinati a vivere in questo ambiente dove tutto rappresenta una minaccia. Nonostante ciò, è sicuramente uno dei posti più belli che abbia mai visto. Credo che la giustapposizione di questa dualità renda lo scenario emotivamente toccante, adatto ad esplorare utopia e distopia, nonché la ricerca di significato nella vita moderna.

Sergio Kurhajec è nato a New York nel 1971 è cresciuto a Roma. La madre Primarosa Cesarini Sforza è un’artista italiana, il padre Joseph uno scultore americano. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma, ha esposto in diverse gallerie e lavorato come assistente alla fotografia a Cinecittà. Tornato a New York, ha proseguito la formazione presso l’International Center of Photography e collaborato con fotografi ritrattisti e di moda. Rapito dalla rivoluzione avvenuta all’interno della fotografia di moda a metà degli anni ’90, la interpreta come affascinante veicolo espressivo.